A chiamarlo “pasticciaccio” forse si sminuisce il problema. Ad oggi, infatti, crediamo sia venuta fuori solo la punta di un gigantesco iceberg! Eppure chi frequenta con costanza il palazzo di Viale Regione non si stupisce affatto.
Mala burocrazia unita a una gestione approssimativa, che spesso lascia più perplessi che convinti sulla bontà dell’operato dell’Amministrazione gli stessi tecnici interni all’assessorato, non poteva che partorire questo incubo. Perché proprio di un incubo si tratta. A cominciare dalle oltre 8mila aziende che dovranno, stando alla sentenza del Tar Palermo 955/2015 e alla successiva ordinanza, restituire quanto percepito da un bando dichiarato, ormai definitivamente nullo. A queste 8mila aziende si sommeranno le altre, quasi tutte zootecniche, che non avranno percepito quanto, crediamo, fosse di loro spettanza.
In Assessorato sono riusciti a fare anche questo: scontentare chi ha vinto il bando e scontentare chi lo ha perso! Anche di ciò in pochi ormai si meravigliano.
Ma veniamo ai fatti
Alla fine del 2012 viene pubblicato il bando relativo alle misure agroambientali del Psr (misura 214) e per la prima volta l’assessorato, nella persona della dirigente preposta al settore, Rosaria Barresi, fa la scelta di inserire in un’unica graduatoria sia il biologico che la riduzione fitofarmaci che l’aiuto per le razze zootecniche in via di estinzione, destinando complessivamente così al bando 320 milioni di euro.
A partecipare ben 10mila aziende. Ma ne vengono finanziate circa 8mila.
Una parte consistente degli esclusi è costituita da aziende zootecniche della provincia di Enna. A pesare sull’esclusione la particolarità della zootecnia estensiva delle aree interne a cui il bando riservava un basso punteggio. Motivi per i quali buona parte di queste aziende sono state inserite negli ultimi posti in graduatoria e pertanto escluse. Un gruppo di aziende zootecniche, rappresentate in buona sostanza dalla piccola associazione Unione Allevatori Sicilia, ha da subito iniziato una civile azione di protesta, finalizzata a chiedere, come già più volte fatto in passato, lo scorrimento della graduatoria e il pagamento di tutte le aziende aventi i requisiti. Questa richiesta è stata anche supportata da una domanda ufficiale di scorrimento della graduatoria, firmata da venti Parlamentari regionali e da un’analoga richiesta firmata dalle confederazioni regionali Cia, Coldiretti e Confagricoltura. Questi tentativi non hanno sortito nessun effetto e l’Amministrazione è rimasta ferma sulle proprie decisioni.
Facendo due calcoli, a oggi, si scopre che il semplice scorrimento della graduatoria, inserendo le aziende escluse da parametri ritenuti poco confacenti alla realtà delle aree interne, avrebbe comportato un’ulteriore spesa annua di meno di 2 milioni e quindi nei cinque anni si sarebbero spesi meno di 10 milioni.
Inoltre, a onor del vero, va segnalato, per meglio capire il doppio errore commesso in assessorato, che successivamente a questo bando ne è stato emanato uno ulteriore di 210 milioni, per cui era sufficiente ridurre di 10 milioni il bando successivo e pagare, in questo modo, tutte le aziende in graduatoria nel 2013, evitando cosi il gran pasticcio che vede oggi Regione e aziende entrambe perdenti! Un pasticcio che rischia davvero di travolgere le aziende agricole che non potranno restituire quanto percepito per mancanza di liquidità di cassa e allo stesso tempo mettere in ginocchio i già logori conti della Regione.
I ricorsi
Difronte all’assoluta incomunicabilità con l’Amministrazione, le aziende escluse sisono rivolte al Tar, il quale, nel marzo del 2015, con la sentenza n. 955, ha stabilito la nullità del bando e di tutti gli atti con sequenziali motivando la sentenza col fatto che l’Amministrazione aveva previsto un’unica graduatoria per tipologie d’intervento completamente diverse (lotta integrata e biologico).
L’Amministrazione non ha tenuto in nessun conto la sentenza e ha continuato ad operare come se la stessa non esistesse.
I ricorrenti a luglio hanno chiesto e ottenuto dal Tar l’ulteriore annullamento degli altri atti, (circolari, decreti) emanati successivamente alla sentenza n. 955 e che non hanno tenuto conto delle disposizioni contenute in tale sentenza.
Nel frattempo la sentenza 955, oltre che esecutiva, è diventata anche definitiva perché l’Amministrazione non ha richiesto appello al CGA nei termini stabiliti.
Infine i ricorrenti hanno proposto al Tar la loro reintroduzione in graduatoria, ottenendo, con ordinanza del 14 dicembre, il rigetto della richiesta con la seguente motivazione: “Considerato però che la misura cautelare chiesta da parte ricorrente risulta del tutto avulsa dalla sentenza di questa Sezione n. 955/2015, e dalle sue conseguenze, mirando ad ottenere l’inserimento dei ricorrenti in una misura di finanziamento portata avanti attraverso un procedimento interamente annullato…”.
La diffida
I ricorrenti in data 21 dicembre hanno inviato ad Agea, alla Commissione Europea, all’Assessorato all’Agricoltura, al Presidente della Regione, una diffida dove intimano, ognuno per le proprie competenze, ad agire secondo le disposizioni della sentenza n. 955, ormai definitiva, e quindi bloccare ogni pagamento e chiedere alle imprese agricole di restituire le tre annualità già percepite per complessivi 180 milioni di euro.
Possibili scenari
Quali sono ad oggi i possibili scenari?
Le conseguenze dell’applicazione della sentenza 955 possono essere le seguenti:
- Blocco dei pagamenti in corso
- Richiesta alle aziende agricole di restituzione delle somme erogate dal 2013 al 2015
- Mancata rendicontazione alla UE di 320 milioni del PSR 2007/2013
- Diniego da parte delle ditte della restituzione delle somme
- Messa in fermo amministrativo di tutte le ditte che non restituiscono le somme con conseguente blocco di tutte le agevolazioni a cominciare dal carburante agricolo
- Migliaia di ricorsi da parte delle ditte contro l’amministrazione re- gionale con soccombenza della stessa amministrazione
- Condanna dell’Amministrazione a pagare i premi non riscossi, le spese legali e i possibili danni arrecati dai fermi amministrativi
In definitiva l’unico risultato possibile è quello di migliaia di aziende sull’orlo del fallimento e la Regione con un buco di bilancio di diverse centinaia di milioni di euro.
Il tutto, alla luce di quanto sin qui appurato, causato dalla decisione di non pagare alcune centinaia di aziende per una spesa complessiva di meno di 10 milioni di euro avendo a disposizione 210 milioni di euro utilizzati con il successivo bando.
Per le aziende escluse: oltre al danno anche la beffa!
Le aziende escluse non riceveranno quindi nessun indennizzo.
Bene. Ma che spese hanno affrontato? Circa 2mila euro ad azienda per ogni annualità, tra assoggettamento ad un organismo certificatore e spese tecniche, ma, cosa ancora più grave, le aziende escluse hanno scelto di praticare agricoltura biologica con la conseguente perdita fisiologica di circa il 35% sulla produzione.
Le aziende ammesse hanno ricevuto il contributo, quelle escluse hanno ricevuto danno e beffa.
Ad essere maggiormente colpite sono le aziende zootecniche che hanno scelto di operare in biologico. Infatti sono state ben 1800 le domande escluse, pari al 90% delle domande escluse di tutto il bando! E questa alta percentuale di esclusione va proprio contro le raccomandazioni della UE che invece invita a privilegiare queste produzioni. Dove nasce il problema? Le aziende zootecniche,stando al bando voluto dalla direzione Interventi strutturali dell’assessorato Regionale, non ricevono un contributo uguale per tutti. Vengono stabilite, infatti, delle differenziazioni su parametri UBA/HA ovvero animali per ettaro presenti in azienda.
In pratica, si riceve un contributo a scaglioni, partendo da un mi nimo di un UBA (pari a un bovino adulto) per ogni 2 ettari ad un massimo di due UBA ogni ettaro.
In pratica si va da un minimo di 220 euro/ettaro a un massimo di 370, se gli animali pascolano su foraggere (campi coltivati) e da un minimo di 55 euro ad un massimo di 220 se allevati su pascoli naturali.
L’Autorità di gestione non sa se alla fine dovrà pagare il massimo o il minimo e potenzialmente si dichiara pronta a pagarle tutte, ma un conto è pagare 74 milioni di euro, (370 x 200mila ettari circa) oppure il minimo 11 milioni di euro (55 x 200mila)
Di fatto è emerso che il 99% delle aziende ammesse ha presentato un carico inferiore o uguale a una UBA/HA. Ciò vuol dire che l’assessorato ha sborsato una cifra notevolmente inferiore a quella che potenzialmente ha dichiarato di poter coprire. Perché quindi ostinarsi a escludere ugualmente le 1.800 aziende? Una decisione tecnico-politica che costerà molto in termini di immagine e di spesa sia alla Regione che alle stesse aziende. Quelle che hanno incassato e quelle che sono state escluse. Un capolavoro diremmo! Cosa fa oggi l’assessorato? La strada scelta è quella del ricorso al CGA, come già notificato per le vie legali alle parti. Ricorso questo che, secondo tutti gli addetti ai lavori, sarà praticamente inutile. I termini sono ormai scaduti, l’assessorato, a suo tempo, in maniera inspiegabile e approssimativa, non si è opposta evitando di impugnare la prima sentenza. Tutto ciò lascia presupporre che inutile sarà un ulteriore ricorso. Solo spese legali a carico dei contribuenti e un’agonia senza fine per chi ha vinto il bando e per chi è stato escluso. Con il concreto rischio che la Ue non riconosca questo bando e non consenta quindi la sua rendicontazione finale. Tutto a carico della regione quindi. Nelle stanze della dirigente del Dipartimento interventi strutturali si continua a far finta di niente. Nascondere la testa sotto la sabbia non ha mai risolto nulla. I nodi stanno ormai venendo al pettine. Appena verrà chiesto, dalle parti vincitrici del ricorso, di dare seguito all’ordinanza del Tar, cadrà inesorabilmente questo castello di carte e i problemi saranno scaricati sulle aziende che hanno percepito negli anni passati il premio di un bando che, per caparbietà e approssimazione, è nato viziato e di nullità dopo pochi anni è morto.
Agrisette